Come scegliamo gli alimenti? cosa ci guida nella scelta di cosa mangiamo? cosa c’è davvero dentro i cibi? come può succedere che il gelsomino serva a insaporire un brodo di pollo?
Queste ed altre domande trovano una risposta nell’articolo di Francesco Pacifico apparso su IL del dicembre scorso. Con un a scrittura leggera, ma documentata, Pacifico ci porta a visitare una delle maggiori aziende di aromi del mondo e ci aiuta a dare uno sguardo sul futuro della produzione del cibo. Un futuro non così lontano…..
Particelle alimentari
di Francesco Pacifico da IL Magazine del 22 novembre 2013
Durarome® è il leader del mercato nella tecnologia di incapsulazione del sapore. Le molecole di sapore vengono incapsulate una a una. Il sapore si conserva. Quattro anni di shelf life in più. Constant flavor profile: il sapore si mantiene. La capsula Durarome® si dissolve solo in acqua, non nel grasso né nell’alcol. Dichiarata stabile nei test per pH, colore e qualità organolettiche».
(Sembra un racconto di fantascienza di George Saunders, di David Foster Wallace, l’ho preso da un pdf di Firmenich, la multinazionale svizzera degli aromi naturali e artificiali che sono andato a conoscere in New Jersey a inizio ottobre. Di cosa sia fatta la nano-capsula, non mi è stato detto.) Prendiamo il sapore di fragola. Strawberry Durarome®. Ecco un modo naturale per creare l’aroma di fragola. Quando le aziende confetturiere processano la fragola, la cuociono per la marmellata, la cottura crea vapore, nel vapore ci sono le molecole che danno sapore. Si cattura il vapore, lo si precipita facendolo tornare liquido: così hai l’essenza di fragola magra: senza lo zucchero. Una fragola contiene 350 molecole circa. Danno forma, sapore, odore, testura, colore. Solo alcune determinano il sapore. Se ti tappi il naso e assaggi una fragola… non sa di fragola: perché la “fragola” dei nostri ricordi di fragola è tutta nell’odore. Si prende l’effluvio di fragola, lo si concentra, lo si cattura in una matrice che è come un nano-uovo, una capsula in cui molecola per molecola rimane protetto, non si ossida, resiste al processo di produzione. Poi, nel prodotto alimentare in cui è inserito – per esempio una barretta di cereali a basso contenuto di zuccheri – lo metti in bocca, con la bocca, con la saliva che ha gli enzimi che le sciolgono, apri le nano-capsule, liberi il sapore, e il distillato di fragola ti va nel naso: perché è col naso, tramite le vie aeree che in fondo al palato collegano la cavità orale a quella nasale, che senti il sapore di fragola. L’esistenza della nano-capsula navicella del sapore di fragola è una delle scoperte che ho fatto incontrando tre italiani che lavorano in Firmenich, una delle quattro multinazionali che dominano il mondo di flavors e fragrances, che inventano sapori e odori che vanno nel cibo processato, nei bagnoschiuma, nei profumi.
Il riassunto di come funziona la percezione dell’aroma me l’ha fatto due settimane dopo, via Skype, Riccardo Accolla, Science and Technology manager, ingegnere biomedico, dottore in Neuroscienza, esperto della percezione di gusti e odori. A Firmenich si occupa dell’innovazione nella modulazione del gusto. Le sue ricerche contribuiscono a rendere accettabile il sapore di prodotti per health and wellness. «Spesso quando togli grasso e zuccheri hai un problema di gusto». Riccardo spiega ai clienti quali sono i margini per dare gusto a una cosa senza grasso e zucchero, che è «lo state of the art della scienza del gusto, dove siamo come scoperte sui recettori del gusto».
La percezione dell’aroma è una cosa complessa. Dopo la vista e l’olfatto, i cinque gusti percepiti dalla lingua (amaro, salato, dolce, aspro, umami – ossia il savoury, il gusto rotondo delle cose deliziose) devono dividersi l’attenzione cerebrale con i recettori della consistenza e il cosiddetto sistema trigeminale, che si occupa di sensazioni come freddo e caldo, del cooling, tipo la menta, del piccante, del tingling (il solletico dato per esempio dall’anidride carbonica). Questo sistema trigeminale va al cervello attraverso il nervo trigeminale e non ha a che fare col gusto, ma al gusto si associa nella sintesi cerebrale di un sapore. Questi tre sistemi, che iniziano da recettori tutti diversi e separatamente vanno al cervello, poi si riuniscono in una zona del cervello adibita alla percezione dell’aroma: la corteccia orbitofrontale. Lì si pensa avvenga la percezione dell’aroma come cosa intera. E «se conosci i fattori che influenzano l’aroma, puoi ricostruire gli aromi in laboratorio».
I flavorists di Firmenich, nasi fini e chimici esperti, trovano in cibi diverse molecole aromatiche uguali. Il caproato d’etile, per esempio, è una molecola aromatica in comune tra vino bianco, ananas e gorgonzola. Si può estrarre da uno dei tre per riprodurre il sapore di uno degli altri. I flavorists trovano le risonanze fra cibi diversi. Hanno una formazione di cinque-dieci anni, sono bibbie ambulanti del sapore. Firmenich nel mondo ne ha 95 in tutto, di cui solo 5 master. Si può fare un aroma di cioccolato minimizzando il cacao, se quest’anno ne hai poco perché c’è una guerra civile in Costa d’Avorio: vai a cercare la molecola giusta nel grano. Per ricostruire l’aroma di un brodo di pollo, certi ortaggi e certi legumi hanno una molecola che può contribuire al bouquet da laboratorio. (Il racconto di Riccardo precipita continuamente nel vago, per segreto industriale.) Implorato di darmi un’immagine, mi concede: «Per dare la sensazione di carne per un brodo di pollo… sono state utilizzate tra le altre alcune molecole del gelsomino…».
Gita in azienda
Due settimane prima. Arrivo da una gita in treno e poi in taxi nel verde fra ville e sedi di corporation, fa fresco, c’è il sole, è il New Jersey rurale, il Garden State. Trovo un laghetto con al centro qualche spruzzo verticale artificiale, giardini curati, l’ombra leggera, a macchie, delle conifere contro gli edifici a due piani tutti mattone e vetro. Un camion della Pepsi per rifornire i dipendenti, e un cart parcheggiato davanti all’ingresso dell’edificio principale. Le costruzioni sono tutte collegate da passerelle coperte. Nell’atrio, piccolo, con una segretaria di mezza età poco formale, le pareti sono coperte di frasi a effetto sulla questione aromi-ricordi. Una farfalla finta che svolazza attaccata con un filo rigido a una base a energia solare. Su delle semplici mensole di vetro smerigliato trovo shampoo, bagnoschiuma e deodoranti che uso abitualmente o ho usato nella vita. I prodotti di cui si usano le fragranze sono esibiti all’entrata, quelli che usano gli aromi Firmenich sono in mostra privata sulle mensole di Aldo Uva, president e ceo Flavors Worldwide (l’altra divisione è Fragrances), nel suo ufficio, dove intervisto lui e altri due italiani, Riccardo, già detto, e Giovanni Battistini, global director Taste Modulation. Onestamente, questo non è un reportage: primo, perché non ho occasione di visitare i luoghi dove si fa ricerca, dove i flavorists inventano le soluzioni per riprodurre chimicamente i sapori; secondo, perché la conversazione verte solamente sul ruolo dei produttori di aromi naturali e artificiali nell’affrontare piaghe presenti e future come obesità e malnutrizione, riscaldamento globale ed erosione del suolo. Dalla nostra conversazione rimangono fuori i cosiddetti temi scomodi (si veda il box a sinistra), e io non sono un giornalista d’inchiesta. Nella sede di Firmenich si impone – e mi conquista e appassiona – il tema del futuro del pianeta: sovrappopolazione, esaurimento delle risorse, malnutrizione, obesità, impatto del riscaldamento globale sulla disponibilità di cibi. In questo scenario, il compito degli insaporitori è rendere sopportabile un futuro prossimo (2030) di razioni k travestite da cibo normale. Hamburger di legumi al sapore di pollo. Barrette ipernutritive al sapore di nocciolina per bambini poveri.